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Orgia - Pier Paolo Pasolini - Prologo

Nino Campisi legge Pier Paolo Pasolini

 

"Il teatro di Parola ricerca il suo "spazio teatrale" non nell'ambiente ma nella testa. Tecnicamente tale "spazio teatrale" sarà frontale; testo e attori di fronte al pubblico: l'assoluta parità culturale tra questi due interlocutori, che si guardano negli occhi, è garanzia di reale democraticità anche scenica. 
Il teatro di Parola è popolare non in quanto si rivolge direttamente o retoricamente alla classe lavoratrice, ma in quanto vi si rivolge indirettamente e realisticamente attraverso gli intellettuali borghesi avanzati che sono il suo pubblico. 
Il teatro di Parola non ha alcun interesse spettacolare, mondano ecc.: il suo unico interesse è l'interesse culturale, comune all'autore, agli attori e agli spettatori; che, dunque, quando si radunano, compiono un "rito culturale".


Pier Paolo Pasolini


Nella foto: Giuseppe Mittica e Simona Ortolani. Foto di Gabriele Orlandi.

Sono morto da poco. Il mio corpo penzola a una corda, stranamente vestito.

Sono dunque appena risuonate qui le mie ultime parole, ossia:

«C'è stato finalmente uno che ha fatto buon uso della morte».

Si, è questo che ho detto, prima di ciondolare impiccato, acconciato in un modo veramente abominevole.

Gettare uno sguardo indietro — come un flashback — sugli ultimi fatti, significativi, insieme, e tipici, della mia vita?

È l'unica cosa ora che mi interessa fare: ma come uno scrittore di memoriali e di aforismi, a causa probabilmente della troppa saggezza dovuta alla morte.

Ecco, dunque: quest'uomo che vi parla appeso alla corda, con l'osso del collo spezzato, e già freddo, è stato quello che si dice un uomo come tutti gli altri. Non è stato né un poeta, né un pazzo, né un miserabile, né un drogato.

Ed è stato, con tutti gli altri, dalla parte del potere (del potere che si ha, o cui solo si partecipa: non ha importanza). Appartenere alla parte del potere, poi, non significa affatto essere uomini di parte! Anzi, chi accetta di essere un tranquillo, anonimo, stimato detentore anche di una piccola parte di potere, vuole, con istinto animale, che la sua esistenza e l' altrui sia grigia, senza scelte e senza passioni.

Nell'orbita del potere c'è dunque la libertà (che è la libertà più vera: la stessa degli animali!) di chi non ha urti con la propria esistenza.

Sì, io sono stato veramente libero e indipendente perché ho accettato senza alcuna riserva l'esistenza del potere, mi ci sono adattato, con tutto il conformismo necessario, e, da uomo normale, ho cercato di accaparrarmene una fetta. Non grandi cose: sono stato soltanto un medio borghese.

Per completare dunque il quadro, devo aggiungere che non sono stato affatto conformista per fare, del potere, un buon uso: no, no! Sono stato proprio di quelli, che, nella loro libertà, non hanno conosciuto né amore, né carità, né altre difficoltà della coscienza.

(Ma la pace lascia sanguinanti tracce come la guerra. Un'altra mostruosità inscena i suoi spettacoli al posto delle stragi. E quanta pace in questa pianura tra le Alpi e il mare!)

Perché dunque ho potuto vivere, in pace, in un periodo di pace del mondo? Una domanda assurda, che mi faccio, dopo quello che ho detto finora!

Ecco, io sono stato in vita un uomo Diverso: questa è la ragione per cui mi sono chiesto come ho potuto vivere in pace, dalla parte dell'ordine.

É semplice: nascondendo a me Stesso e agli altri la mia Diversità. Essa non è mai stata esaminata, capita, accettata, discussa, manipolata. È rimasta vergine com'è venuta al mondo, con me (o la mia infanzia). E quindi ha soltanto agito. Si può agire prima di decidere? o senza decidere? Si.

Ho esaminato, capito, accettato, discusso, manipolato la mia Diversità solo pochi minuti prima di morire: per il tempo, cioè, necessario, a togliermi, esemplarmente, la vita.

Ripeto dunque che se la mia vita fosse stata uno spettacolo non sarei stato io a trovarmi davanti al dramma, dovuto, per tradizione, a un contrasto. Il flashback delle ultime vicende della mia tragedia (non possono essere dramma o dilemma) non potrebbero essere state dramma o dilemma, ripeto, che per la coscienza di un eventuale spettatore.


Ed ecco ora quali mi appaiono, da morto, i termini di questo dilemma (che mai spettatore vorrebbe accettare, e se ne difenderebbe disapprovando o fischiando, o telefonando, potrei giurarlo, addirittura alla Questura).

Ha diritto la Diversità a restare sempre uguale a se stessa? A non essere altro, in tal caso, che verifica di scandalo? Non deve, piuttosto, divenire altro scandalo? Cos'è insomma la Diversità — quando essa stessa non divenga diversa da sé — Se non un puro termine di negazione della norma?


E quindi parte della norma essa stessa? E, quel che importa, che cosa deve fare chi è Diverso? Negro, Ebreo, mostro, cosa sei tenuto a fare? Ricostruire in te la realtà, rendendola nuovamente reale? Progredire anche tu, disobbedendo, insieme alle leggi della norma anche alle leggi della Pazzia? Oppure... devi invece accettarla — accettarla così come l'hai trovata? Non hai altro da fare, Diverso, che perderti, per così ritrovarti? Devi accettare l'odio razziale quasi questa accettazione fosse la ragione per cui sei al mondo. Se, privato di simpatia e di diritti umani, potrai così, fare santo te stesso e il mondo? Mah, io non sono riuscito a rispondere a queste domande se non confusamente, ripeto, qualche istante prima di impiccarmi.

Ma se ciò che la mia morte rende significativo della mia esistenza — lo dico ancora una volta — fosse una rappresentazione, credo che agli spettatori, miei nemici, che vogliono difendersi da me, direi: «Vi prego, siate come quei soldati, i più giovani di quei soldati, che sono entrati per primi oltre i reticolati di un lager... E lì i loro occhi... Ah, vi prego, siate giovani come loro!» Ecco tutto. E, ora, divertitevi.

(Pasolini, Orgia - Prologo)

 

A trentacinque anni di distanza dal brutale assassinio di Pier Paolo Pasolini, il Teatro del Navile rende omaggio al grande poeta portando in scena "Orgia", una delle più importanti tragedie scritte dall'autore friulano.



"Orgia" di Pier Paolo Pasolini
, con Milena Cortelli, Ippolito Dell'Anna, 
Giuseppe Mittica, Simona Ortolani, Agnese Corsi. Foto di scena di Gabriele Orlandi. Una regia di Nino Campisi. Teatro del Navile, novembre 2010. Una produzione Compagnia Teatro Studio e Teatro del Navile di Bologna.


 

Nella foto: Ippolito Dell'Anna e Simona Ortolani. Foto di Gabriele Orlandi.


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